Neue Deutsche Härte: l’ironia made in Germany

Si dice che i tedeschi siano seri, precisi, privi di humor. Ma ne siamo proprio sicuri?  La…

Si dice che i tedeschi siano seri, precisi, privi di humor. Ma ne siamo proprio sicuri? 

La musica ci pone davanti allegorie grottesche, giochi di parole, doppi sensi. È l’ironia cinica che caratterizza l’industrial metal tedesco, la Neue Deutsche Härte.

Nata a metà anni ’90, la Neue Deutsche Härte (nuova durezza tedesca) prende forma dall’industrial e dalla Neue Deutsche Welle (German new wave), di cui riutilizza – modificandolo – anche il nome. L’industrial lo troviamo nella musica: chitarre con power chord aggressivi e riff ritmati, semplici, che entrano subito in testa; batteria che fa “marciare” il tempo in maniera quasi militaresca; basso dalla linea semplice, ma ben scandita; voce profonda, con un’attitudine più parlata che cantata. 

Della Neue Deutsche Welle rimangono il cantato in tedesco, i toni sfidanti e la visione del mondo disillusa e disfattista di alcuni gruppi. Parte dell’influenza si trova anche nel background storico-culturale: se la Neue Deutsche Welle si sviluppa negli anni della guerra fredda, le band della Neue Deutsche Härte portano su di sé tutta l’eredità del conflitto e della divisione.

 

Rammstein in LA: Till Lindemann’s Fire Jetpack – credits: Wikimedia Commons

Il nome “Neue Deutsche Härte” è stato usato per la prima volta nel 1995 dopo l’uscita di Herzeleid (Crepacuore), primo album dei Rammstein. Ma molti gruppi – Rammstein compresi – hanno individuato negli Oomph! i pionieri del genere. Entrambe le band vivono appieno il periodo della separazione delle due Germanie, una separazione che sembra esistere ancora, se non nella nazione, almeno fra i tedeschi e la loro Deutschland.

Impossibile non citare il brano dei Rammstein, che fin da subito ha scatenato reazioni opposte, soprattutto sul territorio tedesco. Il video è stato annunciato con un trailer che si è attirato nel giro di pochi minuti ondate di critica dai giornali, perché ritraeva alcuni membri della band con un cappio al collo in un campo di concentramento. In realtà Deutschland si rivela tutt’altro che un inno patriottico o nostalgico del nazionalsocialismo. È invece una critica tagliente alla storia tedesca, che traspare sia dal testo che dal video.

Del passato della Germania vengono presi i momenti che ne mostrano la brutalità e la disfatta, quantomeno etica. A coronare il tutto il testo, che diventa quantomai esplicito nel ritornello:

Deutschland, mein Herz in Flammen
Will dich lieben und verdammen (…)
Deutschland, deine Liebe ist Flucht und Segen
Deutschland, meine Lieben kann ich dir nicht geben

(Germania, il mio cuore in fiamme
Ti vuole amare e condannare (…)
Germania, il tuo amore è maledizione e benedizione
Germania, il mio amore, io non te lo posso dare)

credits: syren007 su DeviantArt

Ciò che si evince è l’impossibilità di amare la propria storia per le azioni riprovevoli che l’hanno segnata più che la celebrazione della sua grandezza.

Un utilizzo più spiccato dell’ironia si ha invece nel verso che chiude la seconda strofa, che fra l’altro è enfatizzato dall’arrestarsi improvviso dello strumentale: „Deutschland, Deutschland, über allen” (“Germania, Germania sopra tutti”). Non è solo una frase: originariamente parte dell’inno nazionale, è diventata lo slogan di Hitler per poi essere cancellata dall’inno dopo la sua caduta. Inserirla in una canzone è perciò estremamente provocatorio. Come lo è includere scene nel campo di concentramento, dove i Rammstein compaiono sia come ufficiali che come internati. 

A criticare la società tedesca sono anche gli Eisbrecher. Nella loro This is Deutsch l’ironia si concentra sul rigore, cui si rivolge uno sguardo critico invece della solita ammirazione. La rigidità viene rappresentata attraverso la marcia, sia nella musica sia nel video: una serie di piedi procede seguendo il ritmo scandito in un movimento ininterrotto e grottescamente omogeneo. Ma la ciliegina sulla torta è il testo. I versi delle strofe propongono una visione problematizzata del rigore di cui la cultura tedesca si vanterebbe:

Eins, zwei – Sonne, Licht
Fleiß ist Tugend, Wahrheit Pflicht
Zu Befehl! Jawohl mein Herr
Wir sind deutsche Roboter
Drei, vier – Sternenacht
Arbeit fertig, gut gemacht
Harte Ziele, hoch gesteckt
Die Maschine läuft perfekt

(Un, due – sole, luce
L’impegno è virtù, la verità dovere
Agli ordini! Signorsì signore
Siamo robot tedeschi
Tre, quattro – Notte stellata
Il lavoro è pronto, ben fatto
Obiettivi difficili, posti in alto
La macchina funziona perfettamente)

A stonare è l’alternarsi di immagini apparentemente positive di produttività ed efficienza con il paragone a soggetti inanimati. I tedeschi sono equiparati a dei robot, e l’impegno, l’obbedienza e l’ambizione diventano gli ingranaggi che fanno funzionare la macchina. Quello che il testo sembra suggerire è che tutto questo rigore nasconde un’importante criticità, ovvero finisce per deumanizzare le persone, rendendole tutte parte di un sistema che non pensa al singolo, ma piuttosto a raggiungere i suoi obiettivi sempre più pretenziosi.

Infine, nel mirino dell’ironia della Neue Deutsche Härte c’è spesso la religione. Gott ist ein Popstar (Dio è una popstar) degli Oomph! è un esercizio raffinatissimo di provocazione. La prima strofa è la preghiera del Padre Nostro in tedesco, che si apre in un pre-ritornello dal retrogusto grottesco:

Ich geb’ euch Liebe
Ich geb’ euch Hoffnung
Doch nur zum Schein
Denn die Massen woll’n betrogen sein

(Vi do l’amore
Vi do la speranza
Ma solo in apparenza
Perché le masse vogliono essere ingannate)

Si parte quindi dall’atmosfera raccolta della preghiera per poi svelare l’inganno: Dio ci dà solo l’illusione di ciò di cui abbiamo bisogno perché è questo quello che vogliamo davvero. Ed è per questo che è una popstar di successo: dà al pubblico quello che vuole, cioè fantocci fallaci e non veri sentimenti, per poter continuare a vivere serenamente, seppur in una menzogna. Come canta Dero Goi nel bridge, alla fine, “siamo insieme soli” („wir sind gemeinsam allein”).

In un’intervista per metal.de, Goi dichiara di vedere soprattutto nei monoteismi e negli estremismi una forma di potere più che di spiritualità. Ed è sempre attraverso un’ironia pungente che ne parla nelle sue canzoni.
In Im Namen des Vaters (Nel nome del Padre), gli Oomph! mettono in risalto il legame fra religione e guerra. Il Padre Nostro è un padre che modella i suoi figli per farne dei soldati, che devono essere tutti uguali. Nel ritornello le prime frasi del Padre Nostro vengono modificate, così che non abbiamo più


“Nel nome del padre, del figlio, dello spirito santo”
(„Im Namen des Vaters, des Sohnes und des Heiligen Geistes“)
ma


“Nel nome del padre, del clone, del santo sangue”
(„Im Namen des Vaters, des Klones und des Heiligen Blutes”).

L’immagine dei cloni ricorre poi nel verso „Ich zeuge Menschen wie Maschinen” (“Creo uomini come macchine”) e nel pre-ritornello:

Seh’ Ich Brüder, Ihr Gleicht Euch
Wie Ein Ei Dem Andern
Denn Ihr Seid Die Perfekte Armee

(Vedo dei fratelli, vi assomigliate
Come un uovo assomiglia a un altro
Siete l’armata perfetta)

L’ironia smuove qualcosa a livello subliminale perché ribalta le posizioni: Dio diventa una star del pop, il figlio un clone, l’uomo una macchina, uno slogan di guerra una frase beffarda. Disturba e scandalizza, ma forse siamo noi a doverci aprire al suo linguaggio. Perché, seppur cinica, ci fa riflettere sulla storia e sulla società: in una parola, su noi stessi.

Stefania Martini

Fonti:
Kopanski, Reinhard. “Voicing Outrage? Ignoring the Matter? Explaining the Problem!” In: “Polarizing Interpretations of Society as a Challenge for Music Education”, May 2011, pp. 138-160

Vowinckel, Annette. “Neue Deutsche Welle. Musik als paradoxe Intervention gegen die „geistig-moralische Wende“ der Ära Kohl” In: „Archiv für Sozialgeschichte“ 52, 2012, pp.455-490

Weise, Matthias. “Oomph! ‚Die rhetorische Verschleierungstaktik und das inhaltslose Phrasendreschen überlasse ich in diesem Bereich gerne den Politikern‘“ In: metal.de, 24-01-2019

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