Che ne sarà delle chitarre? – L’ascesa dell’Ai e il futuro della musica

La scorsa settimana abbiamo visto una notizia curiosa rimbalzare tra i vari social con titoli che recitavano…

La scorsa settimana abbiamo visto una notizia curiosa rimbalzare tra i vari social con titoli che recitavano “Nuovo album degli Oasis realizzato grazie all’Ai e Liam approva”, o qualcosa del genere. 

Inutile dire che ci siamo precipitati ad ascoltarlo e dobbiamo ammettere che per noi nostalgici, tutto sommato, è stato quasi commovente. Nonostante la consapevolezza della sua artificialità, per qualche motivo in alcuni momenti ci ha regalato quei brividini che ti attraversano quando finalmente, dopo anni, senti un nuovo brano della tua band preferita.  Ma oggi non siamo quì per recensire l’ultimo lavoro (fake) della band più famosa del Regno Unito, oggi vogliamo parlare di una questione che ci sta facendo riflettere, o almeno dovrebbe.

Partendo proprio dalla vicenda che ha ispirato questo articolo è necessario intanto precisare come stanno davvero le cose. Tale Bobby Geraghty, leader della band britannica Breezer, stanco di attendere una fin troppo agognata e sempre smentita reunion dei fratelli Gallagher, ha pensato bene di approfittare dei nuovi strumenti che la tecnologia ci ha donato per riportare in vita il magico duo. E così si è messo a scrivere brani, 8 brani per la precisione, li ha registrati con la sua band suonando magistralmente per imitare il sound di Liam e Noel tipico dei loro anni d’oro, ed ha cantato le sue canzoni. Ed è quì che entra in gioco l’intelligenza artificiale che tanto ci spaventa: Geraghty ha campionato la voce di Liam per sostituirla alla sua ed ha messo insieme “The lost tapes” by Aisis. (si, lo sappiamo, lo avete letto pensando ad un certo gruppo di fondamentalisti islamici).

Quindi in sostanza l’utilizzo dell’Ai, in questo caso, si potrebbe dire che non sia stato particolarmente alto considerata la mole di lavoro necessaria alla realizzazione di un album di 30 minuti, eppure questa piccola percentuale è stata fondamentale per rendere “The lost tapes” un’opera a dir poco controversa, che a quanto pare ha anche ricevuto l’approvazione del caro Liam. 

E fondamentale specificare che non siamo ancora al punto in cui un computer può scrivere e produrre i propri brani in autonomia, l’intelligenza artificiale è ancora fondamentalmente subordinata al controllo dell’utente, rendendo indispensabile fornire all’algoritmo tutte le informazioni necessarie e le richieste specifiche ad ottenere quello che si desidera. Questo però sembra essere ignorato dalla maggior parte delle persone che già si immaginano piccoli robot con chitarre e batterie elettroniche.  

Ma non è la prima volta che un fatto del genere porta a discutere sul futuro dell’impiego dell’Ai nell’industria musicale. Alcune settimane fa è infatti stato rilasciato da tale anonimo Ghostwriter “Heart on My Sleeve”, un brano apparentemente interpretato da Drake e The Weeknd e andato virale prima che venisse ritirato dalle varie piattaforme di streaming sotto pressione delle case discografiche. E per quanto potesse sembrare una notizia meteora le questioni legali e morali che solleva restano.

Se infatti per Drake and The Weeknd, due dei musicisti pop più famosi del pianeta, l’esistenza di “Heart on My Sleeve” potrebbe essersi qualificata semplicemente come una piccola noia, è invece forse il caso di iniziare a pensare che rappresenti qualcosa di più serio: un presagio delle discussioni inevitabili che si aprono quando una nuova tecnologia entra nella coscienza principale di creatori e consumatori prima che esista una legislazione necessaria a regolarne l’utilizzo.

Viene fin troppo naturale chiedere ai vari investitori dell’industria musicale da che parte sceglieranno di stare, se da quella degli artisti e dell’espressione creativa umana o da quella delle frodi e del facile guadagno nonchè della negazione del dovuto compenso a chi in quest’arte mette cuore e anima. 

Secondo il Financial Times, la Universal Music Group, la più grande azienda musicale del mondo, ha preso di mira i principali servizi di streaming come Spotify e Apple chiedendo di impedire alle società di intelligenza artificiale di utilizzare la loro tecnologia per campionare la musica dei propri artisti. A tal proposito hanno infatti dichiarato:

“Abbiamo la responsabilità morale e commerciale nei confronti dei nostri artisti di lavorare per prevenire l’uso non autorizzato della loro musica e per impedire alle piattaforme di ingerire contenuti che violano i diritti di artisti e altri creatori. Prevediamo che i nostri partner della piattaforma vorranno impedire che i loro servizi vengano utilizzati in modi che danneggino gli artisti”.

Eppure nonostante per adesso sembrino prevalere principi morali sul vile denaro, sappiamo bene che le infinite possibilità di guadagno dietro all’utilizzo dell’intelligenza artificiale anche in questo campo saranno difficili da contrastare sul lungo periodo. L’anonimo Ghostwriter autore del brano scandalo ha ben impresso sulla sua bio di TikTok “Ho appena cominciato”, frase che suona come una minaccia e decisamente un brutto presagio. 

E benchè non vogliamo giocare la parte dei luddisti in quest’epoca di continue innovazioni tecnologiche (e da bravi Millennials le abbiamo viste avvicendarsi così rapidamente che a volte si fa fatica a starci dietro), ci risulta difficile immaginare un mondo in cui la creatività umana, risultato di esperienze personali, sofferenze, delusioni ma anche gioie e soddisfazioni, possa essere rimpiazzata da una macchina in grado di imitare le nostre emozioni. Perché l’essere fatti di carne e sangue ci permette di imbracciare una chitarra e suonare quelle corde con quella passione struggente che ci rende vivi e che ci fa arrivare agli altri, e se davvero crediamo che un algoritmo possa essere in grado di imitare un terzo di questa vita, allora che ne sarà delle chitarre?

Linda Flacco

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