Justine Frischmann e le Elastica: la libertà di prendersi tutto e poi lasciarlo

Chiunque ami la musica e sia cresciuto negli anni ’90, conosce il Britpop e quanto, spesso, il…

Chiunque ami la musica e sia cresciuto negli anni ’90, conosce il Britpop e quanto, spesso, il termine venga usato come una sorta di pentolone in cui infilare ingredienti diversi, talvolta con ben poco da spartire.
Indubbiamente, però, questa parola ha il merito di portarci subito lì: chiudiamo gli occhi e vediamo bandierine Union Jack, pensiamo alla lotta (mediatica) tra Blur e Oasis, immaginiamo i locali pieni in cui tutto era possibile e i dj avevano vita facile con una lista di hit immediate con cui far scatenare la gente in pista.
Ed è immergendoci in questa atmosfera e muovendoci nella scena affollata da gruppi pop e rock intenti a diffondere il verbo della Cool Britannia a suon di ritornelli e riff fenomenali, che notiamo qualcosa di diverso: una band che si discosta dalle melodie e dai temi portati alla ribalta dai nomi che, in quegli anni, dominavano la scena musicale internazionale. Sono le Elastica.

Le differenze iniziano già da qui: nel gruppo c’è un uomo, ma ai margini, perché la line-up è formata per tre quarti da donne e, proprio per questo, si parla comunemente “delle” Elastica, ribaltando così fin dalla grammatica le regole che tendono a favorire il maschile.
E le Elastica faranno proprio questo: sovvertiranno l’ordine di un mondo dominato dagli uomini, lo scuoteranno, e poi decideranno di lasciarlo quando sentiranno che non farà più per loro, guidate dalla personalità forte e libera della loro leader, Justine Frischmann.

credits: Glen Miles - Redferns

La band si forma agli inizi degli anni ’90, più precisamente nel 1992, grazie appunto all’iniziativa di Justine Frischmann, già componente dei Suede, e di Justin Welch, a sua volta ex batterista di Suede e Spitfire. In breve tempo, a loro si aggiungono la bassista Annie Holland e la chitarrista Donna Matthews. Questa compagine cambierà spesso negli anni: saranno proprio Justine e Justin Welch gli unici a rimanere nella band dalla sua formazione al suo scioglimento.

Come abbiamo già detto, le Elastica vengono facilmente inserite nella bolla del Britpop, e non potrebbe essere altrimenti: fanno musica rock in Inghilterra negli anni ’90, la loro cantante e chitarrista ha suonato anche negli Suede, è la ex fidanzata di Brett Anderson (Suede) e ha una relazione con Damon Albarn (Blur).
Ma Justine e la sua band hanno una grande capacità: accettano di buon grado di essere accostate al Britpop, ma mantengono il loro stile, più post-punk e sporco, lontano dalle melodie dei Supergrass, dai testi alto-borghesi dei Blur, dalla critica sociale dei Pulp e dalla voglia di rivalsa degli Oasis.
Le Elastica parlano di amori finiti, sesso e pigrizia, e lo fanno con uno stile asciutto e canzoni semplici e brevi: non hanno la velleità di dire qualcosa di nuovo o di condividere un messaggio particolare, ma vogliono solo suonare, alle loro condizioni.

E, con questa semplicità di intenti, arrivano all’apice del successo nel 1995: dopo una riuscita serie di singoli – Stutter, Line Up, Connection e Waking Up – a marzo esce l’album omonimo, “Elastica”, che entra direttamente al primo posto delle classifiche UK, diventando anche l’album di debutto venduto più velocemente in Inghilterra, dopo “Definitely Maybe” degli Oasis (un record che deterranno per molti anni, e che verrà infranto solo nel 2006 dagli Arctic Monkeys, con “Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not”). Le canzoni sono dritte, spesso brevissime, orecchiabili ma senza esagerare, e piene di chitarre e suoni sporchi di stampo punk e new wave.
Grazie al loro album di debutto, le Elastica ricevono anche una nomination al Mercury Music Prize e, a differenza della quasi totalità dei gruppi britannici di quegli anni, ottengono un grande successo anche in America: la band suona tantissimo negli States, raccogliendo una buonissima accoglienza e raggiungendo posizioni più che interessanti nella classifica di Billboard “Hot 100”.
Sarà proprio questo lunghissimo ed estenuante tour oltreoceano, però, a segnare l’inizio dei problemi per la band, con i primi cambiamenti nella formazione e con un continuo allungarsi dei tempi per la registrazione del secondo album, “The Menace”, che arriverà solo nel 2000 e segnerà la definitiva fine del gruppo.

la cover di "Elastica"

In questi anni caotici, il loro volto, Justine, facile bersaglio di gossip e domande ben lontane dalla sua carriera artistica, si destreggia benissimo in un mondo guidato e affollato dagli uomini, rispondendo alle battute infelici di Liam Gallagher, ironizzando sui musicisti maschili più intenti a litigare che a suonare e, persino, togliendosi lo sfizio di far suonare in qualche pezzo il proprio, famosissimo, fidanzato come tastierista, ma sotto lo pseudonimo di Dan Abnormal.

Inoltre, non esita a sottolineare le differenze di comportamento nei confronti di una musicista e di una band femminile, e come una donna in una posizione di prima visibilità possa destabilizzare l’ambiente, anche in tour. In un’intervista a The Guardian, ha rivelato di aver avuto la sensazione di spaventare gli uomini, fan compresi: “I think that’s different for women. Ironically, when Elastica was doing really well, I found that men used to run a million miles from me. It just seemed to absolutely terrify them. I think the opposite is true for boys on tour”

credits: Martyn Goodacre

E’ una questione di personalità, musicale e personale: fa sorridere pensare al look disinteressato, minimal e total black di Justine, e poi all’affanno con cui tante star e starlette della musica di oggi cerchino di apparire e far parlare di sé per il loro outfit prima che per quello che hanno da dire.
Fa riflettere vedere star internazionali giocare sugli indizi di presunte love story con altri musicisti, riempendo I titoli dei giornali più per questo che per i pezzi che stanno portando in tour, e poi pensare a Justine, che ha lasciato un fidanzato troppo ingombrante e ha scelto di anteporre la propria coscienza e la propria libertà a quel mondo dorato che non le apparteneva più. Davanti alle presunte richieste di metter su famiglia e a contratti discografici che incoraggiavano più le interviste sui tabloid che il lavoro in studio, Justine ha scelto per sé e per la sua personale forma di felicità.
Dopo quella rottura, a cui dobbiamo alcune delle canzoni più belle dei Blur (“No Distance Left To Run” e “Tender”), la vita di Justine è proseguita in America, lontana dall’Inghilterra, dai riflettori e dalla musica, e da anni scorre lenta dietro le tele dei quadri che dipinge ed esibisce di tanto in tanto.

È la sostanza, sopra la forma. È la libertà di saper far risuonare la propria voce in un mondo pieno di uomini di successo, di conquistarlo e, poi, quando le cose non vanno più bene, decidere di lasciarselo alle spalle, con tanti ricordi e pochi rimpianti.
E questo, sì, è un fortissimo messaggio di empowerment femminile: a distanza di un paio di decadi, a tutte le ragazzine degli anni ’90, me inclusa, suggerisco di ascoltare tutto “Elastica” o di guardare lo sguardo senza trucco e dritto in camera di Justine nei video clip: non vi troveranno più la fidanzata del cantante più famoso di quegli anni, ma una donna sicura di sé e dei suoi sogni. Così tanto da decidere se, come e per quanto viverli.

I couldn’t deal with being the second guitarist and having this strange, Lady Macbeth role in it, along with being general mother to four blokes” (Justine Frischmann)


Sara Bernasconi

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