La Supernova ha brillato e adesso è polvere di stelle

Sono passati 7 anni da quel 10 Gennaio 2016 in cui David Bowie, dopo aver lottato contro…

Sono passati 7 anni da quel 10 Gennaio 2016 in cui David Bowie, dopo aver lottato contro il cancro, ha perso la sua battaglia, a 69 anni appena compiuti. La supernova ha brillato un’ultima volta e adesso ne rimane polvere di stelle. 

Quel re dei goblin dal fascino magnetico che ha terrorizzato migliaia di bambini negli anni ‘80, osannato dai ragazzi dello zoo di Berlino, ha vissuto una e mille vite eppure non sembriamo averne mai abbastanza. 

David Bowie era il ribelle di cui il mondo aveva bisogno, con una scorta inesauribile di creatività e immaginazione ed un innato desiderio di distinguersi, il che lo spinse, all’inizio della sua carriera, a cambiare il suo nome per non essere confuso con il già noto frontman dei Monkees, Davy Jones.

Londinese di nascita, extraterrestre di natura Bowie non si limitava a cantare. Musicista, compositore, attore, pittore e produttore discografico David Robert Jones era prima di tutto un trasformista. Mai uguale a se stesso, in costante evoluzione, nasce dal jazz ma non si ferma al sax. Influenzato inizialmente dalla beat culture statunitense spazia dal folk acustico all’hard rock, inventa il glam rock e arriva alla new wave, dal white R’n’B al Pop, dalla Dance and Proto-Punk. Si reinventa e si rinnova dando ad ogni album una sua particolare identità. 

Più di 25 album in studio, ne fanno uno degli artisti più creativi del rock che riuscì ad interiorizzare, e sintetizzare, le sonorità che gli hanno fatto da cornice durante la sua carriera “infinita”, “originale” e che perdura ancora oggi in ogni ascolto in giro per il mondo.

È del 1967 la prima vera hit, Space Oddity, quella che letteralmente lo lancerà nello spazio, rilasciata con tempismo perfetto appena 9 giorni prima dell’atterraggio sulla luna dell’Apollo11 ed utilizzata dalla BBC durante la diretta rendendo Bowie lo starman che conosciamo oggi. La canzone è il segno tangibile di un passaggio fondamentale nella sua transizione dai toni psichedelici alle glitterate influenze glam rock dei primi anni settanta.

Il 1970 è l’anno di The Man Who Sold the World l’album che sapeva di heavy metal, profumava di grunge e suonava in maniera così coerentemente innovativa anche grazie al riff insistente e dolcemente “assillante” della title track. 

Registrato nel 1972 invece Suffragette City è il mix raffinato e organico di hard rock, pop e proto- punk il cui significato è contestualizzato all’interno della storia di Ziggy Stardust.

Album che vendette più di 7 milioni di copie con una tracklist che sembra essere un “best of” e che nel 2010, a dispetto dei tacchi, dei body attillati e dell’anarchia politica e sessuale (mai dichiarata apertamente dallo stesso Bowie) rompe i rigidi dettami della corona britannica e diventa un set di francobolli della Royal Mail. 

Nel 77 con Heroes, album “difficile” da comprendere anche a causa dei suoi compagni di viaggio (Brian Eno su tutti), mostra la sua deriva elettronica e sperimentale alimentata e di ispirazione berlinese. Il Krautrock e i sintetizzatori non sono riusciti a rendere “impraticabile” la rivelazione sonora di tracce come Beauty and the Beast e Moss Garden e della title track poi non dobbiamo certo parlarne qui, ora.

E tutto questo non basta, a Berlino Bowie apre una sua propria Factory come quella di Andy Warhol, chiamata Growth e con la sua musica cambia il suo aspetto. Dai capelli rasati alla permanente riccia e disordinata, sperimenta con make-up e costumi e non sempre viene compreso dal pubblico ma David Bowie non è solo uno stravagante cantante dall’ambigua sessualità, David Bowie è un artista completo con più sfumature dentro di sé di quante uno ne riesca a contenere, un unicorno con un arcobaleno di colori nella sua anima che non perdono occasione per mostrarsi e gridare al mondo che c’è qualcosa di più.

Photo Credit: Steve Schapiro

Prima di sognare in eterno ci regala un ultimo sogno ad occhi aperti: Blackstar, un viaggio senza fermate indietro nel tempo fino a quell’era berlinese tanto elettronica quanto seducente e onirica. Era il 2016, e mancavano solo 48 ore all’ascesa nel cosmo musicale più alto di un alieno travestito da uomo.

I always had the repulsive need to be more something more than human. I felt very puny as a human. I thought, Fuck that. I want to be a superhuman.”

(Ho sempre avuto il bisogno repulsivo di essere più qualcosa di più che umano. Mi sentivo molto gracile come essere umano. Ho pensato, fanculo. Voglio essere un superumano.)

…e così è diventato Rainbowman. e il Mimo, e Ziggy Stardust, e Nathan Adler, e il Duca Bianco. Ma prima di tutto, per la maggior parte di noi, con un fulmine rosso dipinto sul volto, con i suoi occhi differenti , con i capelli sempre diversi, con la sua chitarra, con la sua voce unica e inimitabile, David Bowie rimarrà un eroe, per un giorno, o per sempre…

Linda Flacco & Angelo Rendine

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