La madrina del Rock’n’Roll era queer, nera, donna. Era Sister Rosetta Tharpe.

Questa storia è così piena di luoghi comuni che sembra un racconto scritto per piccole bambine ribelli,…

Questa storia è così piena di luoghi comuni che sembra un racconto scritto per piccole bambine ribelli, di quelli che negli ultimi anni cercano di incoraggiare le piccole donne a diventare quello che vogliono, a seguire i loro sogni. Eppure una storia come questa non si era mai sentita. Quella di Sister Rosetta Tharpe è una storia vera, una storia che per troppo tempo è stata dimenticata o non raccontata a sufficienza, con il rispetto che merita. 

Siamo a Cotton Plant, una cittadina dell’Arkansas, all’inizio del secolo scorso. Nei campi di cotone si vedono centinaia di schiavi di colore piegati in avanti con le schiene spezzate e le mani rovinate, e se facciamo attenzione, a volte, magari sul calare del sole, li sentiamo cantare. E tra quei batuffoli bianchi pronti per la raccolta, da Katie Bell Nubin and Willis Atkins, nasce Rosetta Nubin. I genitori sono entrambi cantanti, il padre sparisce presto dalla scena e la madre, una diaconessa missionaria, nel 1921 diventa evangelista itinerante per la Church of God in Christ.

E così che quella bambina di 6 anni inizia ad esibirsi, accanto alla madre, nelle chiese evangeliche del sud degli Stati Uniti, con un mix di stili di musica gospel e secolare, guadagnandosi il titolo di “singing and guitar playing miracle”. Come se non bastassero già le sue notevoli doti vocali, il vero miracolo è la sua abilità con la chitarra. Sicuramente ispirata dal mandolino della madre, Rosetta ben presto si distingue per il suo talento e diventa un’attrazione vera e propria durante le funzioni religiose. 

A metà degli anni ‘20 Rosetta si stabilisce con sua madre a Chicago dove si esibisce regolarmente alla Roberts Temple della Church of God in Christ. I colori del blues nel suo modo di suonare sono da subito evidenti, Rosetta muove le dita su quelle corde distorcendo melodie di classici gospel come nessuno ha mai fatto prima, gettando le basi per il moderno Rock’n’roll. 

Insieme al suo talento cresce la sua fama, a metà degli anni ‘30 Rosetta si trasferisce a New York con la madre sotto consiglio dei produttori di Chicago e si sposa, come spesso accade, ad un predicatore despota e violento, da cui divorzia pochi anni dopo mantenendone però il cognome, storpiato, come nome d’arte. 

Nasce così Sister Rosetta Tharpe e nel 1938 firma un contratto con la Decca Records ed è l’inizio del successo, quello vero. Con brani come This train e Hide me in thy bosom di Thomas Dorsey e ancora Rock Me, My Man and I e The Lonesome Road, con i suoi incredibili assoli di chitarra accompagnati dall’orchestra jazz di Lucky Millinder, Rosetta stravolge la musica conosciuta fino a quel momento e la trasforma in qualcosa di nuovo, qualcosa di magico, qualcosa che nessun un uomo aveva mai saputo fare prima. 

“Nessun uomo può suonare come me. Io suono meglio di un uomo”

Inizia a registrare sia brani gospel più tradizionali per continuare ad alimentare i suoi primi seguaci, sia brani ritmati e innovativi con influenze spirituali per il crescente pubblico bianco. 

Dopo essersi esibita con Cab Calloway al Cotton Club e dopo il successo riscosso al concerto Spirituals to Swing alla Carnegie Hall di New York City il 23 dicembre 1938, la Tharpe parte per un tour nel nord degli Stati Uniti. 

Rosetta è anticonformista, queer, rivoluzionaria, talentuosa, donna, nera. Si perché non dobbiamo dimenticare che Miss Tharpe vive in un’epoca in cui l’accesso al mondo non è per tutti, un’epoca in cui se il tuo colore della pelle è vagamente diverso da quello dell’uomo bianco, non puoi bere dalle stesse fontane, non puoi sederti sulle stesse sedie, non puoi mangiare agli stessi tavoli. Se il tuo colore della pelle è nero, non puoi viaggiare come gli altri o cenare come gli altri o alloggiare dove alloggiano gli altri. Sister Rosetta per ovviare al problema come una diva moderna, diventa la prima artista ad avere un tour bus con tutti i comfort, per potersi spostare e cenare e dormire nelle città dove si esibisce senza dover sottostare alle regole dell’uomo bianco, che pur apprezzando la sua musica non le riconosce diritti fondamentali.

E come ad altre donne nere con talento eccezionale dopo di lei – ricordiamo Billie Holiday – anche i testi delle sue canzoni vengono analizzati al microscopio per la loro irriverenza, a metà tra il sacro e il profano, sempre al limite dell’accettabile. Quella bambina prodigio è cresciuta e scatena la rabbia dei predicatori che la accusano di mettere “too much motion as well as emotion into her singing”. 

Ma Rosetta è una locomotiva spinta dalla passione per la musica e per la sua chitarra e non ha alcuna intenzione di fermarsi. E poi, è forse possibile mettere troppa emozione nella musica?

Nel 1946, ad un concerto di Mahalia Jackson, la Tharpe conosce Marie Knight e resta colpita dal suo talento, tanto che due settimane dopo si presenta alla sua porta per proporle un tour gospel insieme. Per anni si vocifera che tra le due donne ci sia non solo rispetto e ammirazione ma una vera e propria relazione sentimentale. Rosetta e Marie vivono insieme nella casa della Knight e dividono la vita sul tour bus per alcuni anni. Nonostante Rosetta si sia sposata diverse volte è ormai cosa nota che intrattenga relazioni con donne e questo non fa che alimentare la sua aura rivoluzionaria. E nella sua voglia di rivoluzione e innovazione decide anche di farsi accompagnare sul palco da una band di soli bianchi. 

 

 

Sister Rosetta Tharpe e Marie Knight

Sister Rosetta Tharpe suona con un’energia mai vista, con la fantasia di cui solo poche menti geniali sono capaci, ci regala suoni distorti, mescola generi e li condisce con la chitarra elettrica, dando una nuova forma a quelle 6 corde che conosciamo bene. Ad ascoltarla oggi non sembrerebbe musica di 80 anni fa. 

Per la prima volta riesce a portare in classifica un brano gospel, Strange Things Happening Every Day, inciso col pianista Sammy Price, che entrerà poi in lizza per il titolo di primo pezzo rock’n’roll.

Il suo successo è necessario, forse non scontato in un’America ancora profondamente razzista, ma certo meritato. È ormai così famosa che nel 1951, 25000 persone pagano per assistere al suo terzo matrimonio con Russell Morrison, suo manager.  

E d’improvviso arrivano gli anni ‘60, nonostante la musica pop inizi a gettare le basi per la sua discesa, nonostante l’ascesa di Mahalia Jackson inizi a metterla in ombra, Rosetta parte per un tour Europeo. Nel 1964 si esibisce al festival Blues and Gospel Train all Wilbraham Road Rail Station di Chorlton Ville, una stazione in disuso nei pressi di Manchester. Tra il pubblico, a lasciarsi ispirare da quelle dita magiche, ci sono Eric Clapton, Keith Richards, Brian Jones e Jeff Beck. Ma non sono gli unici a dovere qualcosa a quella donna di colore che sembra arrivata dal futuro. La sua spinta innovativa ispirerà Little Richard – che aprirà alcuni dei suoi concerti – Johnny Cash, Meat Loaf, Neil Sedaka, Chuck Berry, Aretha Franklin, Jerry Lee Lewis, per citarne alcuni, e i suoi brani verranno ripresi anche da Elvis Presley. 

Nel 1970 Rosetta è costretta ad abbandonare un tour europeo con Muddy Waters a causa di un malore per far ritorno negli USA dove per complicazioni dovute al suo diabete sono costretti ad amputarle una gamba. Solo 3 anni dopo, a seguito di un secondo infarto, Sister Rosetta Tharpe ci lascia, a soli 58 anni. 

Nel 2018 viene finalmente inserita nella Rock’n’roll hall of fame riconosciuta finalmente come la Madrina del Rock’n’roll, il che l’avrebbe fatta sorridere:

“Oh, these kids and rock and roll — that is just sped up rhythm and blues. I’ve been doing that forever”

Quella bambina nata dai campi di cotone, con una storia che ci parla di coraggio e sfacciataggine, di determinazione, di libertà in un momento in cui la libertà è un lusso per pochi, ma soprattutto di bruciante passione per la musica, ci ha fatto forse uno dei più grandi regali degli ultimi 100 anni e la sua storia merita di essere ricordata. 

Sulla sua lapide, incisa a diversi anni dalla sua morte, ancora oggi ne leggiamo la forza divina

“SHE WOULD SING UNTIL YOU CRIED, AND THEN SHE WOULD SING UNTIL YOU DANCED FOR JOY. SHE KEPT THE CHURCH ALIVE AND THE SAINTS REJOICING.”

Linda Flacco

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