Maurizio Carucci, Non esiste un posto al mondo, Genova, HarperCollins

“Non esiste un posto al mondo” l’esordio letterario di maurizio carucci

Un viaggio tra Genova, la Val Borbera e l’inquieta ricerca di sé, raccontato dal frontman degli Ex Otago

 

“Io non sapevo chi ero 
Mi guardavo sempre allo specchio 
Davvero non lo sapevo 
Forse bianco, forse nero. 
Ricordo, era un pomeriggio 
In cui ho sentito un richiamo 
Non era uno sciamano 
Era un verso profondo…” 

Esiste una quotidianità fatta di punti fermi, di luoghi, di volti, di rituali che, giorno dopo giorno, si susseguono incessantemente creando una dimensione di calma e sicurezza in cui sembra quasi che nulla possa turbarci.

Eppure, oltre quella parete, c’è solo un grande senso di inappartenenza. L’accesso ad un non luogo dove ogni certezza, soprattutto quelle individuali si sgretolano e in cui il filo si assottiglia sempre di più fino a spezzarsi. Qual è allora il nostro posto nel mondo? 

È con questa domanda che Maurizio Carucci, frontman degli Ex Otago, comincia un viaggio non solo personale ma anche letterario dando vita al suo romanzo d’esordio “Non esiste un posto al mondo”, pubblicato lo scorso ottobre da HarperCollins. 

168 pagine che scorrono alla velocità della luce in cui Marassi, quartiere popolare di Genova (ma anche titolo del disco, uscito nel 2016, che ha consacrato gli “Otaghi” al grande pubblico) fa da cornice alle vicende di un Maurizio bambino, potenziale promessa del calcio, ma anche animo inquieto e curioso, super appassionato di natura e di tutto ciò che gli ruota intorno tanto da trasformare la sua camera in una sorta di bioparco.

non esiste un posto al mondo

Gli Ex Otago, nati nel 2002, hanno prodotto sette album in studio, ognuno dei quali racconta un pezzo della loro storia, delle loro radici e delle loro riflessioni sulla contemporaneità. Oltre alla musica, la band ha realizzato il docufilm “Ex Otago – Siamo come Genova”, presentato al Festival di Roma, in cui esplorano il loro legame con la città e il loro percorso umano e artistico. Questo senso di appartenenza e inquietudine collettiva si riflette anche nel romanzo di Carucci, che aggiunge nuove sfumature alla narrazione del frontman. 

Una realtà dissonante e dicotomica per definizione, in cui le criticità di una periferia rumorosa e disagiata diventano il contraltare del vicino e ovattato contesto cittadino borghese, di quella “Genova anni ‘90” cantata poi in Respiro di cui questo romanzo sembra essere la naturale evoluzione. 

C’è l’infanzia sognante dei Natali a Robilante, dove si arrivava a bordo della Citroen BX, nella speranza di trovare la neve e di collezionare nuovi ricordi in compagnia di Attilio, ma c’è anche Carro, località che segna un nuovo capitolo nel “romanzo di formazione” di Carucci: l’adolescenza. 

Il primo motorino, la prima scopata nel periodo in cui l’AIDS viene echeggiato dai media come il male del secolo, l’eroina e in tutto questo un ragazzo che diventa uomo e si affaccia alla vita adulta senza capire bene chi è e quale possa essere il suo posto nel mondo. 

La politica, “le grandi visioni, quelle di Sandro Pertini”, l’interesse per quello che lui stesso definisce “vita campestre”, il passaggio da Mauri J a Maurizio Carucci, il cantante degli Ex Otago, fino a “quella” chiamata. 

“Ti sei mai messo in ascolto? Il viso verso l’alto, come attendessi la pioggia, volessi toccare l’aria” 

L’aria in Val di Vara è decisamente diversa, sembra quasi quella di Robilante e ha un sapore un po’ “amarcord” che riporta all’infanzia e odora di quello strano olezzo di bestioline selvatiche. 

Ma diverso è anche il tempo, di cui unica padrona sembra essere la natura con le sue cadenze e i suoi ritmi scanditi dalle colture di mais ottofile e patate quarantine che richiedono calma e pazienza, le stesse che richiede l’amore, quello per Marti e di Marti che da questo momento diventa inseparabile compagna di vita. 

maurizio martina

Ricordo il concerto di Maurizio al Locomotiv nel novembre 2022. Erano trascorsi giusto sette mesi dall’uscita di Respiro, il suo primo album da solista, ma non avevo idea di cosa stesse dietro quelle canzoni. Probabilmente l’ho compreso solo dopo. 

Il Locomotiv, storico club di Bologna, è da anni il fulcro della musica live per artisti emergenti e di nicchia. È qui che tanti cantautori come Carucci hanno avuto modo di condividere la propria intimità artistica con il pubblico, creando serate magiche e indimenticabili. 

Quella sera Mauri è sceso in mezzo al pubblico, indossando una lampada frontale, e tenendo tra le mani un foglio da cui uscivano parole riguardo un percorso, un viaggio intrapreso proprio con Marti. 

Leggere “Non esiste un posto al mondo” ha rimesso in ordine i pezzi sparsi. Il racconto di Carucci altro non era che la parte più intima del romanzo, l’ascolto attivo di quel richiamo e la condivisione della ricerca di quel famoso posto nel mondo. 

A conti fatti, mi sono più volte chiesta se effettivamente il romanzo non iniziasse proprio da qui. Da questo lembo di terra, compreso tra Piemonte e Liguria, fatto di montagne e di boschi quelli che a Maurizio, in fondo, erano sempre mancati. 

La Val Borbera diventa IL luogo per eccellenza, l’angolo di mondo in cui mettere radici insieme a Martina ma anche, e soprattutto, la cornice di quel progetto condiviso che è Cascina Barbàn. 

Ambiziosi, visionari e un po’ folli, Maurizio e Martina recuperano gli ultimi vigneti storici della vallata nel totale rispetto della biodiversità. Cascina Barbàn diventa anche la location del Boscadrà Festival, dove arte e natura si incontrano facendo accadere cose davvero mirabolanti. 

Novembre 2018. Martina indossa un poncho rosso e con il suo zaino in spalla segue Maurizio nell’ennesima impresa rocambolesca della loro vita: arrivare a Milano. A piedi.  

Probabilmente, l’amore presuppone anche una sanissima dose di incoscienza e in mezzo a tratti interminabili tra nebbia e fango, panini al prosciutto improvvisati, silenzi, procede un viaggio di riscoperta di sé stessi come individui presenti in un mondo che vive, pulsa, respira. 

Un mondo così grande da riuscire a contenere il silenzio di pianure infinite, l’asprezza delle montagne, il caos della statale in mezzo a clacson indemoniati di camion che sfrecciano ad un passo da due persone il cui unico obiettivo è raggiungere Milano. 

Sette giorni per riflettere, per comprendere e capire, per allontanarsi, discutere e ritrovarsi nell’esatto momento in cui, in lontananza, si intravedono “grattacieli, neon luminosi, autobus […] e il riverbero di una città potentissima” 

Un punto di arrivo per realizzare che il viaggio, in realtà, è costante e che la ricerca del luogo, di quel luogo per eccellenza è interminabile e coincide con tutte le vite che decidiamo di vivere consapevoli che, come scrive Maurizio nell’ultima pagina del suo romanzo “non esiste un posto al mondo in cui possa trovare tutto ciò di cui ho bisogno, non è ai posti che manca qualcosa, quelli mancanti siamo noi”.  

 

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Alberto Pani

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Cresciuto ai piedi delle ridenti colline del Monferrato, tra muri di nebbia sei mesi l’ anno, zanzare incazzate nei sei mesi successivi e bocce di vino rosso sempre e comunque per stemperare il disagio così accumulato.

Chitarrista fuori forma.

Fermamente convinto che 8 volte su 10 le cose si risolvano da sole.

Punto debole: la meteoropatia