THE MURDER CAPITAL E UNA SCENA CHE RIBOLLE: ECCO PERCHÉ L’IRLANDA SUONA MEGLIO CHE MAI

Manca ancora qualche giorno, ma quest’anno abbiamo deciso di festeggiare San Patrizio con leggero anticipo: a darcene…

Manca ancora qualche giorno, ma quest’anno abbiamo deciso di festeggiare San Patrizio con leggero anticipo: a darcene l’occasione sono settimane ricche di novità di stampo irlandese, un nuovo singolo dei Fontaines D.C. e, lo stesso giorno, l’uscita del terzo album dei loro amici The Murder Capital.
Due belle novità che, a loro volta, ci danno modo di ampliare lo sguardo e osservare meglio una scena, quella appunto del rock irlandese, che è tornata a regalarci tanti artisti diversi e promettenti.

Partiamo dalle due novità citate: i Fontaines D.C. continuano a spingere al massimo il pedale e pubblicano nuova musica, con la libertà di chi, in questo momento, può fare un po’ quello che gli pare. Nel nuovo singolo, “It’s Amazing To Be Young”, suonano discretamente compiaciuti del loro momento d’oro e non ne hanno tutti i torti, perché anche questo pezzo funziona, è radiofonico, ha delle chitarre perfette e permette a Grian Chatten di assestare il cantato sospirato che ormai lo contraddistingue, sperimentando un pochino di più nel finale. Bene, bravi, bis.

Lo stesso giorno, una band amica e nata proprio sotto la loro ala, The Murder Capital, ha pubblicato il terzo album in studio, “Blindness”. Un lavoro che mescola rabbia e fragilità, pace e caos, frustrazioni e speranze: a trainare la potenza dei brani sono i testi del frontman James McGovern che danno una spinta emotiva in più ai pezzi.

In un album che in undici canzoni tocca i temi delle difficoltà relazionali, del patriottismo deviato e della salute mentale in un’era distopica, se i suoni vanno talvolta ad ammorbidire o stemperare i sentimenti, le parole li acuiscono.
E’ così che in uno dei brani più riusciti di questo lavoro, “Swallow”, compaiono versi come: “There’s a pain that I can trace on your face with a smile.. I need you to go so you don’t swallow me whole” [C’è un dolore che posso tracciare sul tuo viso con un sorriso.. Ho bisogno che tu te ne vada, così non puoi inghiottirmi in un solo boccone], o, ancora, nella riuscitissima “A Distant Life” riflettiamo sulla difficoltà di connessione umana “The price we pay for connection in a distant life” [Il prezzo che paghiamo per la connessione in una vita lontana].

Ci soffermiamo, in particolare, su uno dei brani più intensi dell’album: “Love Of Country”, una sorta di inno rabbioso e affranto sul patriottismo deviato, un tema che tutti avremmo voluto seppellire per sempre e che, invece, suona di assordante attualità, dagli Stati Uniti, all’Europa e al Medio Oriente. I The Murder Capital, come i Fontaines DC e tanti altri musicisti irlandesi, si espongono da mesi in maniera concreta e aperta per supportare la causa palestinese: tutti i proventi del download digitale del pezzo sono stati devoluti al Medical Aid For Palestine e, nei giorni seguenti all’uscita del singolo, su un muro della capitale irlandese è comparsa la foto di una grande bandiera palestinese con il logo della band.
E quando diciamo che le parole di McGovern sanno cogliere nel segno, ci riferiamo a strofe come questa:
“There were people there of all sorts in the courage of their life, mothers with their plucked wings and the men who lost their wives. Young kids reaching out to daydreams when their homes had lost their shape”
[C’erano persone di ogni tipo, nel coraggio della loro vita: madri con le ali spezzate e uomini che avevano perso le loro mogli, bambini che si protendevano verso sogni a occhi aperti, mentre le loro case avevano perso la loro forma”]

A fare da contorno a questo album potente e deciso, ci sono poi i singoli radiofonici “Can’t Pretend To Know” e “Words Lost Meaning” e, soprattutto, la rabbia punk di “The Fall”, il pezzo più vicino a quelli del disco di debutto – “When I Have Fears” (2019) – che ha portato alla ribalta la band

The Murder Capital (Credits: Far Out / James Kelly)

I The Murder Capital, però, sono in ottima compagnia.
Se una bella boccata d’ossigeno l’avevamo già provata qualche anno fa, con l’affermarsi degli Inhaler di Elijah Hewson (figlio di Bono Vox degli U2) e del loro mix di post-punk e melodie ispirate agli anni ’80, è innegabile che questi ultimi due anni abbiano sfornato un numero e una tipologia di band tali da ridare forma e vita al rock irlandese.  

Qualche esempio?
Partiamo dai Gurriers, band post-punk nata a Dublino nel 2020 che combina elementi di noise rock e shoegaze.  
Col loro album di debutto, “Come and See” (2024), hanno raccolto critiche entusiaste, per la potenza punk dei pezzi così come per l’energia dei loro live, imprescindibile banco di prova per ogni band emergente. 
I NewDad, invece, portano da Galway una ventata di indie-pop con buone venature di alternative rock. Il risultato è che la loro musica funziona sia con i fan del rock più nostalgico che con gli amanti di sonorità meno convenzionali: le recensioni al loro album “Madra” (2024) parlano da sole.

Chiudiamo questa carrellata – che certamente non è comprensiva di tutti i musicisti che meriterebbero di essere citati – con due band che hanno colpito la nostra attenzione e che consigliamo di monitorare con un occhio di riguardo: gli Enola Gay e gli Scattered Ashes.
Per “incontrare” i primi, ci spostiamo a Belfast e troviamo una band noise-punk che si è fatta notare fin da subito: senza troppi sfronzoli, mischiano electro-rock, hip hop e garage, infarcendo il tutto con testi dalla forte potenza sociale. Per dare un’idea, basta citare uno dei singoli che li ha portati alla ribalta, “The Birth Of A Nation“: un pezzo audace, rabbioso e deciso, perfetto per raccontare la lotta contro i rigurgiti razzisti che sono tornati a inquietare la società internazionale.
I secondi, invece, sono ragazzi dublinesi palesemente influenzati dai Joy Division (per usare un eufemismo, visto che la voce del cantante richiama immediatamente quella di Ian Curtis): propongono sonorità aspre, con atmosfere che spaziano tra gotico e punk e che, per citare le loro stesse parole, “fondono suoni aggressivi con un senso dello spazio preciso e calcolato“. Per la serie: ci sono rabbia e passione, ma anche tanto impegno e cura per i dettagli. I risultati non sono tardati ad arrivare: dall’apprezzamento pubblico di Iggy Pop al generico riscontro positivo ricevuto dagli addetti ai lavori, a partire dall’azzeccatissimo singolo di debutto “Love Is Not An Option” fino all’EP “All That Is Solid Melts Into Air” (2024).   

Enola Gay (credits: Joe McVeigh)

Insomma, il materiale non manca e non ci lamentiamo, ma, a fronte dell’evolversi di una scena che ribolle e promette molto, è naturale chiedersi la fonte di questa rinascita.
Negli ultimi anni, il rock d’Oltremanica – soprattutto nelle sue declinazioni post-punk e alternative – ha trovato nuova linfa vitale: in un’epoca di streaming onnivoro e nostalgie cicliche, le sonorità graffianti e viscerali che sembravano destinate a nicchie ristrette sono tornate centrali. Merito di band come IDLES, Shame e Viagra Boys, che hanno aperto la strada a una nuova generazione di gruppi che mescolano rabbia, poesia e critica sociale.
In questo contesto, l’Irlanda ha trovato un terreno particolarmente fertile: le band che abbiamo citato – dalle più affermate come i Fontaines D.C. a quelle che ancora stanno trovando il loro spazio – portano sul palco e sui vinili musica che non solo suona bene, ma che racconta qualcosa di profondo.

Una prima svolta è stata indubbiamente definita dalla Brexit, che è tornata a ridefinire i confini fisici ed emotivi tra Irlanda e Regno Unito, acuendo quel senso di identità e, al tempo stesso, di distacco che va ben oltre la semplice logistica. E così, di riflesso, anche la scena musicale ha preso le distanze: l’idea di un’Irlanda culturalmente autosufficiente, in grado di costruire una propria scena e, anzi, di parlare a un pubblico internazionale senza dover necessariamente passare dagli studi e dai club di Londra, si è fatta più concreta che mai.

Poi è arrivata la pandemia: un evento che ha travolto il mondo e, una volta ancora, esasperato le distanze e l’isolamento. In quel momento tutti ci siamo sentiti più soli e, soprattutto, abbiamo messo in discussione tanti punti di riferimento della nostra vita ordinaria. Questa crisi psicologica profonda ha toccato anche la musica: c’è chi ne ha approfittato per comporre in maniera compulsiva, chi ha deciso di cambiare rotta e sperimentare, e chi, ancora, ha rovesciato nelle proprie canzoni angosce e paure. I The Murder Capital, per esempio, hanno sottolineato come il loro secondo album – “Gigi’s Recovery” (2023) – risenta fortemente della confusione e dell’ansia vissuta dalla band durante la quarantena.
Anche in questo caso, i confini sono diventati più netti e le identità sono tornate a urlare: l’Irlanda ha ritrovato l’urgenza di far sentire la propria voce, anche con le chitarre distorte.

Infine, visto che in questi ultimi cinque anni non ci siamo fatti mancare proprio nulla, ecco lo scoppio dei conflitti internazionali che sono tornati a turbare anche il quieto vivere dell’Occidente: la guerra in Ucraina e il massacro della popolazione palestinese a Gaza hanno sporcato gli schermi dei nostri cellulari e la nostra coscienza.
La musica irlandese ha sempre riflesso l’animo del suo popolo e della sua lunga lotta contro ogni forma di occupazione e discriminazione e, in un’epoca segnata da ingiustizie globali, molti artisti si sono esposti con decisione. Il parallelo tra la storia d’Irlanda e la situazione palestinese, in particolare, è sentito in modo quasi viscerale: non è un caso, come abbiamo detto, che molte band, da Fontaines D.C. a The Murder Capital, abbiano preso posizione in modo chiaro e pubblico, con dichiarazioni, canzoni e raccolte fondi.

Tutto questo ha creato le condizioni per una (nuova) scena musicale vibrante e autentica: il rock irlandese di cui stiamo godendo da qualche anno a questa parte è il risultato di un’evoluzione silente e profonda, che sta dando spazio ad artisti con molto da dire.
Non possiamo che augurarci che questo sia solo l’inizio, perché abbiamo parlato di confini, isolamento e guerre, ma sappiamo che la musica ha il potere di unire e avvicinare, di farci capire che siamo tutti insieme in questo grande ballo.
Come in un’unica, collettiva e pazza parata di San Patrizio.


Sara Bernasconi

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Alberto Pani

Blogger

Cresciuto ai piedi delle ridenti colline del Monferrato, tra muri di nebbia sei mesi l’ anno, zanzare incazzate nei sei mesi successivi e bocce di vino rosso sempre e comunque per stemperare il disagio così accumulato.

Chitarrista fuori forma.

Fermamente convinto che 8 volte su 10 le cose si risolvano da sole.

Punto debole: la meteoropatia